Minaccia alle medicine tradizionali a base di erbe

Una direttiva che riguarda solo i farmaci

Diciamolo subito: la direttiva THMPD (2004/24/CE), che è all'origine delle polemiche, riguarda solo le "erboristeriali tradizionali", e non le piante medicinali stesse: tisane e altri decotti non sono in processo di essere dichiarato illegale, tutt'altro! Con il termine “medicinali di origine vegetale” si intendono i preparati contenenti miscele di piante, commercializzati da laboratori farmaceutici, e venduti esclusivamente in farmacia.

Tale direttiva risale al 2004 ed è stata recepita nell'ordinamento francese nel 2008 (decreto 2008-436 del 6 maggio 2008): tale decreto impone ai laboratori farmaceutici che già commercializzano "medicinali vegetali tradizionali" di presentare entro il 30 aprile 2011 un fascicolo di autorizzazione all'immissione in commercio ai sensi con direttiva 2004/24/CE. In caso contrario, i prodotti non possono più essere venduti come farmaci, vale a dire con menzione delle loro proprietà medicinali. Chiaramente, dal 30 aprile 2011, tutti i medicinali erboristici tradizionali devono, per essere commercializzati, essere registrati presso le autorità del Paese europeo interessato.

Fallimento di un provvedimento di semplificazione delle procedure di registrazione

L'obiettivo iniziale di questa direttiva europea era quello di semplificare la registrazione di una sostanza con effetto terapeutico sulla base del suo uso tradizionale. Invece di dover ottenere l'autorizzazione all'immissione in commercio (MA) richiesta per i farmaci convenzionali (questa AIC richiede, tra l'altro, l'esecuzione di studi clinici e tossicologici per dimostrare l'efficacia e l'assenza di tossicità di un prodotto: la procedura è lunga, complicata e costoso per il laboratorio di fabbricazione), la fitoterapia è soggetta ad una procedura semplificata che prevede in particolare la dimostrazione dell'uso tradizionale del prodotto.

Pertanto, per registrare una sostanza, il produttore deve fornire la prova del suo uso terapeutico per almeno 30 anni, di cui almeno 15 anni all'interno dell'Unione Europea. In pratica, ciò risulta complicato e difficile (soprattutto per piante recentemente conosciute in Europa, ad esempio quelle derivate dalla farmacopea tradizionale cinese e ayurvedica). Inoltre, il costo della registrazione, stimato in media in 60.000 euro per prodotto, resta difficile da sostenere per i produttori, che spesso sono PMI. In termini di semplificazione, la direttiva è quindi un fallimento. Inoltre, sono attualmente registrate poche medicine erboristiche tradizionali (meno di 200), mentre nel mondo sono quasi 20.000 le piante medicinali.

Tutela della salute dei consumatori

L'altro obiettivo della direttiva è quello di tutelare il consumatore, sia in termini di qualità e sicurezza dei prodotti, sia di efficacia, impedendo la commercializzazione di presunti medicinali privi di effetti terapeutici o addirittura pericolosi per la salute dell'utilizzatore (effetti collaterali, controindicazioni, ecc.).

Sotto i riflettori le indicazioni sulla salute degli integratori alimentari

I produttori spesso optano per un'alternativa alla registrazione farmaceutica: vendere il prodotto come integratore alimentare. Tuttavia, questa soluzione non è priva di problemi, soprattutto per quanto riguarda le indicazioni sulla salute, vale a dire i benefici per la salute che il consumatore può aspettarsi dal consumo dell'integratore alimentare, e che sono menzionati sull'etichetta del prodotto.

Queste indicazioni sulla salute sono in linea di principio valutate dall'Agenzia Europea per gli Alimenti (EFSA), e in pratica un gran numero di dossier riceve un parere sfavorevole, a causa di una procedura decisionale eccessivamente rigorosa, ispirata a quelle applicate ai medicinali. Di fronte alle polemiche su queste indicazioni sulla salute, le valutazioni degli integratori alimentari a base di erbe sono attualmente sospese a livello europeo. In attesa che la situazione si sblocchi, i produttori di integratori alimentari possono continuare a commercializzare i loro prodotti, ma senza mostrare benefici terapeutici sull'etichetta, che è un freno importante alle vendite.

Medicinali a base vegetale e PNPP: stessa battaglia

Possiamo vedere in questa situazione una vittoria per la lobby dell'industria farmaceutica, che disprezza le medicine tradizionali a base di erbe (molto meno redditizie delle medicine convenzionali). Siamo anche tentati di fare un parallelo con l'attuale dibattito sui PNPP (Preparati Naturali a Basso Consumo, come il letame di ortica).

Va però ricordato che non tutte le piante medicinali sono necessariamente benefiche o innocue, e che la vendita di un certo numero di esse è stata a lungo attentamente monitorata: così, sulle circa 600 piante riconosciute medicinali dalla farmacopea francese, solo 147 sono da banco. Gli altri sono considerati potenzialmente pericolosi o vengono venduti solo in farmacia.

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